Il Sogno di Dvořák

Le melodie afroamericane e indiane si fondono con le forme della musica colta

Essendo io appassionato di musica afroamericana e di cultura dei nativi americani, mi è venuto naturale pensare di approfondire questo periodo storico musicale. La musica americana del ‘900, si sviluppa su un binario sostanzialmente ambiguo, è combattuta tra il desiderio di legittimarsi come continuazione della musica europea e di svilupparsi con una identità propria. In questo periodo, il centro dello sviluppo storico/musicale si sposta al di là dell’Atlantico. Gli americani cercano convulsamente di “staccarsi” da quello che è il “carattere” musicale europeo. Questo percorso ha inizio quando un compositore europeo, diventa Direttore del Conservatorio di New York. Antonin Dvořák è un compositore boemo del tardo ‘800, appartenente a quelle che si chiamano “Le scuole nazionali”, così vengono definite quelle realtà locali europee dove c’è una sorta di fusione tra musiche colte e realtà autoctone. Dopo l’Italia, la Germania, la Francia e, in parte anche l’Inghilterra e Spagna, anche altre nazioni, in pratica quasi tutti gli stati europei, iniziano ad avere consapevolezza del proprio rapporto con le musiche popolari. Il rapporto tra musica colta e musica “popolare”, già dal romanticismo in poi, si può vedere che è uno dei motivi caratterizzanti. Herder, storico/linguista, è quello che più di ogni altro si è posto il problema su questo tipo di rapporto. Nella cultura di ogni singola nazione è sepolta un’identità collettiva autentica che non è stata guastata dal rapporto con la nazionalità. I romantici sono in contrapposizione con gli illuministi. Non è più il momento di appellarsi al Cosmopolitismo (Io sono cittadino del Mondo). Bisogna, quindi, rivalutare le identità locali, la Musica locale. Io parlo, sento, in modo che, la mia nazionalità risulti. Li dove il rapporto è più debole con la civilizzazione, più forte è rimasta questa identità originaria. Poesie, canti popolari-Identità incontaminata (primo romanticismo, primo ‘800). Con le rivoluzioni del ’48, quasi tutti gli stati europei iniziarono ad avere una propria Costituzione. Questa idea, nel secondo ‘800, emerge nel mondo musicale con grande veemenza. Nascono così le “scuole nazionali”, (il più delle volte però sono singoli musicisti). Tra le scuole più importanti, sicuramente c’è quella russa, quella ungherese, polacca ecc.

Antonin Dvořák

E’ uno dei due esponenti della Scuola nazionale boema, l’altro è Bedřich Smetana e ( anche Leoš Janáček, in realtà, ne fa parte). Antonin Dvořák è particolarmente importante, in quanto fu invitato a dirigere il Conservatorio di New York. In realtà ci fu una sorta di fraintendimento al riguardo. Dvořák partecipa, quando aveva 30 anni, ad un concorso di composizione. Chi vinceva, aveva diritto alla pubblicazione della sua Opera. In giuria c’erano due tra gli esponenti più importanti dell’orientamento tradizionalista formalista del secondo ottocento tedesco, Brahms e Joachin. Ricordiamo che, in quegli anni, c’era una vera e propria disputa tra neo tedeschi progressisti (Listz e Wagner su tutti) e, per l’appunto, i tradizionalisti (Brahms ed altri). Dvořák vince il concorso e gli vengono pubblicati i duetti moravi (per voci miste) e le danze slave in riferimento a musiche autoctone, solo che, Dvořák non era né moravo né slavo era boemo ma, per tutta la sua carriera si diffuse per lui la fama di compositore popolare attento alla Musica autoctona. Il suo stile era tradizionalista, anche se intriso di estetica neo tedesca. In seguito scrisse anche l’opera lirica la Rusalka, quella che è rimasta di più in repertorio. La Rusalka è una storia fiabesca, molto vicina alla fiaba “La Sirenetta”. La protagonista, metà donna e metà acqua, per amore vorrà diventare donna. In quasi tutte le Opere di Dvořák si sente l’influsso wagneriano. In realtà Dvořák si collocava più in questo contesto e non nel contesto popolare. Dopo la pubblicazione delle composizioni con le quali vinse il concorso, acquista la fama di compositore esotico. Una filantropa americana, la signora Jeannette Thurber lo chiamerà così a dirigere il National Conservatory di New York. Scelsero Dvořák viste le sue capacità di compositore popolare, che dava, quindi, importanza alla musica autoctona per far si che facesse diventare il conservatorio newyorkese, non una sorta di succursale dei conservatori europei, ma per indicare una nuova strada ai compositori americani in modo tale che, essi, sviluppassero una propria identità. Dvořák, per 3 anni sarà alla guida del conservatorio newyorkese, prende sul serio l’idea di creare una “scuola americana”, un qualcosa che avesse grande ripercussioni a lungo termine. Chiaramente verrà travolto, trascinato anche lui dalle melodie popolari del nuovo mondo e scrive, per l’appunto, la Sinfonia n.9 “Dal Nuovo Mondo”. In questa sinfonia, sta usando musica autoctona americana o musica di un compositore europeo in America? Dvořák stesso ci dice: <<Non basta che, la futura musica di questo paese, sia basata su quelle che vengono chiamate “melodie dei neri”. Queste, devono essere le reali fondamenta di qualunque scuola di composizione seria e originale che sarà fondata negli Stati Uniti… Tutti i grandi musicisti hanno attinto alle canzoni della gente comune. Il più affascinante scherzo di Beethoven si basa su quella che adesso potrebbe venir considerata una melodia nera abilmente trattata…Nellemelodie dei neri d’America, ritrovo tutto ciò che serve a una grande nobile scuola musicale. Sono toccanti, passionali, solenni, religiose, coraggiose, allegre, festose o quello che preferite…>> Questo articolo apparve sul New York Times il 21 maggio del 1893. Certo, parlare in questo modo, sia negli States dove, effettivamente, soprattutto al sud, il razzismo era ancora molto lontano dallo scomparire, se mai è scomparso, dove, addirittura, le persone, per andare a vedere linciaggi di afroamericani o uomini neri bruciati sul rogo, facevano ore e ore di treno e ancora, fare un’affermazione così forte su Beethoven in un periodo in cui, proprio nella patria del grande compositore tedesco iniziava il periodo buio dell’antisemitismo, era davvero azzardato e coraggioso. Dvořák con queste sue affermazioni, non incitò soltanto i compositori bianchi ad utilizzare materiale melodico della tradizione afroamericana o indiana, incoraggiò anche i musicisti neri a spingersi nella composizione. Un suo allievo, il cantante/compositore afroamericano Harry T. Burleigh, aveva trascritto alcune melodie di circa 200 Spirituals e le fece conoscere a Dvořák. Chiaramente, il compositore boemo, essendo un musicista romantico, dà molta importanza alle linee melodiche, (un musicista classico avrebbe considerato più il decorso armonico) e inizia ad attingere da queste linee melodiche. Come abbiamo visto, Dvořák, parla delle melodie e non dice nulla invece sulle forme da utilizzare, evidentemente, dà per scontato che devono essere quelle della tradizione europea perché non sono condizionate culturalmente ma sono lì per natura. La Musica sarà americana se utilizzerà melodie basate su quelle degli afroamericani e dei nativi americani, le forme, invece, continueranno ad essere, per moltissimo tempo, quelle europee anche se molti compositori cercheranno di staccarsi, ma il percorso è complicato, anche perché, effettivamente, molti di loro verranno in Europa a studiare. Vediamo ora alcuni punti della Sinfonia n.9 “Dal Nuovo Mondo” in Sol Magg. Op. 95. Innanzitutto l’organico è così formato: Ottavino, due flauti, due oboi, corno inglese, due clarinetti in La, due fagotti, quattro corni in Mi e Do, due trombe in Do e Mi Bemolle, tre tromboni (2 tenori ed uno basso), basso tuba (solo nel secondo movimento), timpani, triangolo, piatti, strumenti ad arco (violini, viole, violoncelli e contrabassi). E’ composta da quattro movimenti. I° Adagio-Allegro Molto; II° Largo; III° Scherzo: Molto Vivace e IV° Allegro con Fuoco. I temi della Sinfonia sono originali americani? La scala pentatonica, su cui si basano i temi, è presente anche nelle melodie degli spirituals (Dvořák studiò a fondo gli spirituals e i canti di piantagione (Work Songs); il tema secondario del I° movimento (es. 1) sembra incorporare un frammento dello spiritual «Swing low, sweet chariot» (es. 2); ma su questi tipi di scala sono basate anche molte musiche popolari non americane, incluse quelle boeme.

Es.1

Es.2

Dvořák diceva che c’erano anche altri temi della sua Sinfonia che hanno “matrice” americana, si riferiva al tema dello scherzo ed a quello della transizione del I° movimento. Non sono mai stati ritrovati effettivamente, quindi questa indicazione bisogna prenderla con il beneficio di inventario. Il discorso è, in che senso questa Sinfonia può essere definita come la realizzazione completa di quello che era in testa a Dvořák. Nel I° movimento, troviamo almeno un altro tema bellissimo.

Entrambi questi temi, ci lasciano immaginare grandi praterie americane, sicuramente molta musica utilizzata nei decenni a venire, soprattutto colonne sonore di film western e anche della Disney, saranno state ispirate da queste bellissime melodie. Sul finale di questo I° movimento, il tema è suonato, dai vari strumenti, in modo responsoriale e a canone. Vediamo adesso, in modo più dettagliato, il II° movimento.

Schema del II° movimento della Sinfonia dal Nuovo Mondo.

Ha una forma tradizionale europea stile Aria del ‘700. Introduzione, A, B, A1 con Coda. Inizia con una Introduzione (corale con successioni per 3e, tipiche del Romanticismo). Nella A c’è il Corno Inglese ed anche questa A e tripartita in una forma più piccola, sempre ABA. La sez B in forma rondò, dove ci sono paralleli minori e maggiori e, con basso corrente con figurazioni di colori uniformi e rapidi ci si “trova” in una processione. Poi c’è la A’ con la melodia iniziale interrotta da pause come nella marcia funebre dell’Eroica di Beethoven. In fine una Coda con la ripresa della corale dell’Intro. Nella B, in particolare, c’è un culmine dove si citano i temi precedenti. Questo carattere, è una tipica strategia dei neo tedeschi, in particolare del Poema Sinfonico. Il tema precedente che si ripropone in quelli successivi ci porta all’uso della “trasformazione” quindi, ci porta a “leggere” questo movimento e ci autorizza a dire che, questa Musica, ci racconta una storia. Il musicologo, Michael Beckerman, ci dimostra che questo movimento, è ottenuto da materiali che Dvořák avrebbe preso dal poema ottocentesco “Il canto di Hiawata” dello scrittore Henry Wadsworth Longefellow. Il Poema, scritto in forma finnica breve/lunga, breve/lunga, al lettore americano risultava con sapore esotico e arcaico. La storia/ leggenda di Hiawata parla di questo personaggio vissuto durante la guerra di indipendenza americana. Hiawata era a capo di una coalizione di tribù messicane che si opponeva agli stati americani. Hiawata era identificato come eroe nazionale anche se non propriamente americano. Dvořák aveva pensato addirittura di scrivere un’Opera su Hiawata e, alcuni frammenti, sono confluiti nel II° movimento della 9a Sinfonia. Il tema principale di questo adagio, sarebbe il tema che racconta il viaggio del nostro eroe e della sua sposa, il basso corrente invece, ci indica una scena da funerale, presumibilmente della sposa di Hiawata, prematuramente scomparsa e poi, la ripresa, della sezione iniziale, con interruzioni di pause simboleggia, evoca, il pianto interrotto dai singhiozzi (vedi l’Eroica di Beethoven). Quindi saremmo davanti al recupero di melodie originali nere come voleva fare, ma nella evocazione della cultura “indiana”. Le melodie sono inserite nella forma europea. Riepilogando, Intro con rapporti armonici di terza-Tema principale, sez. A a sua volta tripartita, B come tema secondario e A, ripresa del tema principale. Seconda parte, un pò più “scura” col basso corrente (uniforme/rapido) idea del funerale della sposa, poi il climax che chiude la seconda parte con l’evocazione del tema del I° movimento prima della ripresa del tema principale e poi la coda. Il tema col Corno inglese, pare sia diventato uno Spiritual, in altre parole, l’operazione è riuscita. La sua melodia è intrisa di tradizione americana un pò mista tra quelle che sono le melodie afroamericane e quelle dei nativi. Accanto a evocazioni di temi “indiani” negli scherzi. Per gli europei dell’epoca, c’è poca differenza tra musica afroamericana e nativa, è musica popolare, autoctona. Dvořák non si libera comunque, completamente dalle griglie della cultura euro colta, in ogni caso, grazie all’intuizione di alcune persone che hanno voluto Dvořák a dirigere il National Conservatory di New York, inizia una corrente di musicisti americani, una vera e propria scuola. Le difficoltà che incontreranno, non saranno poche. Molti di loro, come abbiamo detto precedentemente, verranno in Europa a studiare, cercano di fare tutto il possibile per accreditarsi come compositori in una realtà che continua a tenerli ai margini perché l’ambiente concertistico americano dei primi decenni, è fortemente intriso di cultura euro centrica. E’ vero che la musica afroamericana ha avuto un enorme influsso sulla musica statunitense, ma dobbiamo tener presente che la popolazione nera era solo il 10% della popolazione complessiva americana, come è possibile che la musica del 10% della popolazione abbia avuto una tale influenza? Bernstein ci dà 2 delle 3 spiegazioni al riguardo.

1) I caratteri intrinsechi che la rendono attraente per il ‘900 musicale americano. In primo luogo, questa musica fa uso di scale che non fanno parte della tradizione europea. Inoltre fa uso di stratificazioni ritmiche, distorsioni timbriche, mescolanza di voci e strumenti che sono molto attraenti per l’avanguardia europea.

2) Questa musica porta in se le tracce di qualcosa che è tipicamente americano, lo sfruttamento, l’identità che può essere condivisa da tutti anche da chi, afroamericano non è, è evocazione di una cultura americana.
3) Di fatto i compositori afroamericani si erano visti respinti. Sono stati costretti quindi, a volgersi a linguaggi extra europei. Il Ragtime, il Blues, il nascente Jazz, R’n’B ecc..hanno avuto forte influsso su tutta la musica a venire. I compositori afroamericani, hanno dovuto fare di necessità virtù, dovevano pur mangiare. Scott Joplin, Cook, Ellington e altri ma anche compositori americani bianchi, Thomson e Gershwin, per esempio, che non avrebbero avuto problemi a scrivere e far eseguire anche composizioni di tradizione europea, ma che sono stati “trascinati” in questo vortice.

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